Kemò-vad
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Rosalba Nattero fin da giovanissima ha inseguito un sogno, anche se non sapeva dargli un nome. Sognava una terra felice, in cui regnassero l’armonia e la fratellanza, e in cui potesse trovare risposte alle sue ansie esistenziali. Sentiva che se mai fosse esistita una terra simile, sarebbe stata in grado di abbandonare tutto per inseguirla.
Un sogno infantile, forse, ma poi scoprì che una terra così era esistita davvero, anche se il mondo dominato dalle conflittualità e dalla disarmonia aveva fatto di tutto per distruggerla.
I miti e le saghe celtiche risposero ai suoi quesiti e la introdussero in un mondo che per alcuni era solo fantasia, ma per lei era realtà. La tradizione dei Nativi europei le offrì l’identità che sapeva nascosta da qualche parte in lei, e come in un puzzle, tutti i pezzi andarono a posto. L’attrazione per i Celti e quella per i Nativi americani e gli aborigeni australiani avevano finalmente un senso, un filo conduttore che legava tutti i suoi interessi e che si poteva tradurre in un concetto preciso: Madre Terra. Fu Madre Terra, che lei chiamava Gaia, a guidarla. A lei doveva le ispirazioni, gli stimoli, l’esigenza di silenzio. Fu Gaia a spiegarle perchè lei si sentisse così diversa, fu Gaia ad insegnarle l’amore per le sue creature, tanto diverse da lei nelle sembianze ma tanto simili nell’animo.
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Fu facile a quel punto lasciare il suo paesino sul mare per trasferirsi in una grande città, una città che aveva avuto un passato glorioso e si affacciava su una valle che era stata testimone di eventi che secondo il mito avevano segnato il destino dell’umanità.
Il mito del Graal fu l’elemento che più di ogni altro la stimolò in un percorso verso un grande mistero. Come nella saga dei Cavalieri della Tavola Rotonda, non si sa quale sia il punto do arrivo, ma il percorso si snoda pian piano seguendo un preciso copione.
E così come il Graal, oggetto misterioso che si rivela solo nella sua immaterialità, il percorso poteva rendersi visibile solo seguendo una via immateriale: quella della meditazione.
La Kemò-vad
Rosalba Nattero è insegnante di Kemò-vad con il titolo di Gopa della Scuola di Kemò-vad Sole Nero, la scuola fondata da Giancarlo Barbadoro per la divulgazione di questa antichissima disciplina.
La sua formazione è avvenuta in Bretagna, in Francia, nella foresta di Brocéliande, dove insieme a Giancarlo Barbadoro incontrò un esponente della Comunità druidica di Paimpont che li invitò ad un incontro per conoscersi meglio e scambiare reciproche esperienze. Da questo gruppo di druidi ebbero una volta di più la conferma dell’esistenza di un mondo che i libri di storia hanno dimenticato e di cui ormai non si parla più.
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Un mondo celebrato da una tradizione rimasta intatta, senza aver subìto le contaminazioni della cultura dell’Impero Romano né quella del cristianesimo subentrato a posteriori. Una tradizione nata al tempo della grande civiltà che esisteva sul continente europeo prima ancora della grande Babilonia del passato o dei fasti dell’Antico Egitto.
Il gruppo di druidi che avevano incontrato non era dissimile da tanti altri che esistevano nella magica terra della Bretagna. Ma questi uomini e queste donne incontrati presso la fontana di Barenton li accolsero tra di loro con profondo affetto e amicizia. Si era aperta un’inaspettata porta su una dimensione solitamente ben nascosta e da cui ebbero modo di trarre la loro preparazione personale in campo musicale, nell'arte maziale dello Za-basta e nella pratica dell'arte marziale dolce della Kemò-vad. A quell’incontro ne seguirono molti altri, viaggi-studio in cui il training si perfezionava fino a prendere, da parte di Giancarlo Barbadoro, l’impegno di aprire una scuola di Kemò-vad nel Nord Italia su specifico mandato della comunità di Paimpont.
Rosalba si appassionò da subito a questa forma di arte che univa la maggior parte dei suoi interessi: meditazione, sciamanesimo, celtismo, musica, danza, teatro in una sola disciplina. Prese così l’impegno di divulgarla per farla conoscere e renderla accessibile al maggior numero di persone.
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La Kemò-vad rappresenta una forma di meditazione dinamica che era utilizzata migliaia di anni orsono dall'antico druidismo europeo. Il termine Kemò-vad significa “Danzare nel Vento”. Il suo nome trae origine dall’antica tradizione druidica che identificava nel vento il simbolo dello Shan, l’aspetto più intimo e immateriale della Natura, ritenuta fonte di armonia e di conoscenza. “Danzare nel vento” significa muoversi in armonia con il divenire cosmico del Vuoto, entrare in simbiosi con la Natura e con la sua immaterialità, secondo il concetto di Shan.
La Kemò-vad ha origine dall'antico mito druidico di Fetonte che storicizza quello del Graal in precisi eventi avvenuti, secondo la leggenda, nella Valle di Susa, in Piemonte.
Secondo la leggenda tramandata da Ovidio e da Platone si narra di un oggetto che sarebbe precipitato nel territorio piemontese provocando un immenso mare di fuoco.
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In realtà le leggende raccolte presso le Famiglie celtiche ancora esistenti nella Valle di Susa e nelle Valli di Lanzo e presso la Comunità druidica di Paimpont nella foresta di Brocéliande, il mito di Fetonte riguarderebbe la saga di un dio disceso dal cielo con il suo carro dorato per incontrare gli uomini del tempo, che secondo la tradizione non avevano l'aspetto dell'uomo di oggi.
La tradizione druidica riporta che Fetonte si trovò di fronte ad un pianeta rigoglioso e pieno di vita, dominato purtroppo da gigantesche creature ricoperte di piume colorate, violente e con una forza sovrumana, che dominavano su gran parte del pianeta impedendo l'evoluzione delle altre creature, spesso tenendole in schiavitù per potersene cibare a piacimento. Fetonte, per poter aiutare le creature con cui era venuto a contatto, diede vita all'ordine monastico-guerriero dello Za-basta, ideato per sostenere gli uomini in quei tempi di terribile conflittualità. La Scuola iniziatica dello Za-basta si suddivideva in due competenze esperienziali: lo "Hahqt-ba'", relativo alle arti marziali, e la "Kemò-vad" per la preparazione del guerriero attraverso specifiche tecniche di meditazione dinamica.
Oggi la Kemò-vad ha preso una sua propria identità ed è usata per un approccio semplice con la meditazione al fine di ottenere un’esperienza di Bien-être.
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Rosalba Nattero, nell’ambito della Scuola di Kemò-vad Sole Nero, organizza periodicamente Stages, Corsi di Base e dimostrazioni pubbliche sia in Italia che all’estero per divulgare un’antica disciplina da lei ritenuta un valido strumento di benessere.
Nella Palestra della Scuola Media di Fiano e nella Palestra di Dreamland, nel Parco della Mandria in Piemonte, oltre che in altre palestre che si tanno attivando, Nattero conduce l’attività della palestra ordinaria coadiuvata dai Sadi (assistenti di Kemò-vad).
Il Kemò-Tah
La Kemò-vad non è solo meditazione dinamica, ma si avvale anche di una serie di tecniche di meditazione statica.
Nell’ambito della Palestra di Kemò-vad Nattero organizza corsi di Kemo-Tah, ovvero la meditazione statica, per insegnare le tecniche di supporto alla Kemò-vad. Tecniche che consistono in una serie di modalità per vivere meglio e raggiungere un benessere personale in modo semplice e con poche sedute.
Le tecniche di Kemò-Tah sono indirizzate ad una esperienza di “io consapevole” attraverso il silenzio.
Il Teatro Sciamanico
Il TeatroForum Nemeton è un progetto di Rosalba Nattero che si ispira all’ “Arte del Gesto” della Kemò-vad.
L’Arte del Gesto è un’antica disciplina dello sciamanesimo druidico che porta a sviluppare le proprie energie e potenzialità interiori e a far emergere il proprio Sé.
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Applicata al teatro, l’Arte del Gesto è un’antica disciplina che ha ispirato il Teatro Sciamanico in tutte le sue modalità, con metodi, sfumature e applicazioni diverse ma sempre e comunque tese a provocare una catarsi individuale in chi partecipa allo spettacolo, sia negli attori che negli spettatori.
La scelta del nome “Nemeton” è per via del significato celtico del simbolo, ossia la Natura vista come il teatro dell’individuo, uno scenario vivo in cui l’individuo e la natura diventano la stessa cosa. Il Nemeton è il teatro per eccellenza, il “giardino sacro” dei druidi dove avveniva il processo alchemico dell’individuo in cui realizzare un processo di guarigione da tutti i conflitti psicologici e trovare la propria vera natura interiore in armonia con l’ambiente globale. Nel Nemeton avveniva anche la formazione degli sciamani per coloro che sentivano il richiamo del trascendente.
Il Teatro Sciamanico
Lo Sciamanesimo è la più antica forma di spiritualità dell’uomo. Oggi lo si conosce attraverso i luoghi comuni che relegano lo sciamano nel ruolo di stregone, terapeuta, guru, ma in realtà lo sciamano è ben altro. Lo sciamano è il ricercatore che esiste in ogni individuo che si interroghi e voglia dare una risposta ai suoi quesiti esistenziali. Chi vuole andare oltre i suoi limiti e conoscere meglio se stesso, gli altri e il mondo che lo circonda, è un potenziale sciamano.
Il Teatro Sciamanico ha sempre avuto nelle antiche tradizioni un ruolo culturale, formativo e catartico. Esso si basa sulla formula del rito e ha lo scopo di condurre attori e spettatori verso un’esperienza transpersonale, ossia far trapelare la realtà che sta al di là del proprio ego.
Il teatro è una delle forme più antiche di terapia sperimentate dall'uomo. Il teatro induce nella persona una trasformazione che provoca uno stato di coscienza che potremmo definire “alterato” se paragonato alla percezione ordinaria, una sorta di ingresso in un’altra dimensione. Uno stato che può essere considerato terapeutico. Fin dai primordi l’uomo si è accorto che il fatto di interpretare scene e personaggi diversi da quelli che abitualmente viveva, provocava in lui uno stato di benessere in quanto lo stimolava ad uscire da una dimensione quotidiana fatta di problemi grandi e piccoli, di patologie e malesseri sia psicologici che esistenziali.
Gli sciamani di tutte le latitudini hanno sempre sviluppato il teatro come tecnica di guarigione e lo hanno applicato, insieme a varie altre tecniche sciamaniche, per condurre i loro allievi in un processo di trasformazione verso l’ottenimento di una dimensione transpersonale.
Il rito della rappresentazione
Nel Teatro Sciamanico, ogni rappresentazione è un vero e proprio rito in cui gli attori sono gli officianti e il pubblico è formato a sua volta da potenziali attori che partecipano in prima persona alla rappresentazione. Attori e pubblico sono parte di un’unica esperienza. Gli attori, tramite l’Arte del Gesto, devono indurre in se stessi e nel pubblico un’esperienza meditativa di silenzio interiore che confluisce in una catarsi collettiva attraverso un atto di consapevolezza individuale.
Il rito della rappresentazione segue degli archetipi che fanno parte della vita dell’individuo e della collettività. Archetipi sia individuali che sociali, che normalmente interpretiamo magari senza accorgercene, ma che segnano profondamente la nostra vita.
Nella rappresentazione gli archetipi devono seguire la logica dell’intera vita dell’individuo, se pur vissuta in una manciata di minuti. Qualunque sia il tema della rappresentazione, seguirà un ciclo che rispecchia il ciclo vitale dell’individuo e dell’intero cosmo, segnando l’inizio, lo sviluppo e la conclusione dello spettacolo, fino alla catarsi finale.
La rappresentazione, attraverso archetipi e simboli, ha lo scopo di risvegliare negli attori/spettatori una consapevolezza nascosta, che sia in grado di dare delle risposte individuali e portare a una catarsi sia individuale che collettiva attraverso la proposta di un’esperienza di tipo transpersonale. In quest’ottica la rappresentazione può produrre delle visioni di tipo metafisico, in quanto sollecita ad andare oltre i propri consueti orizzonti percettivi.
Nel teatro sciamanico non ci sono attori e spettatori: tutti sono interpreti di un’unica esperienza. Gli attori sono dei ricercatori impegnati in una via realizzativa alla scoperta di se stessi e verso una guarigione da conflitti, disturbi della personalità, disagi provocati dal proprio ego. Devono essere disponibili ad una trasformazione interiore che porti a uscire dal ruolo limitante della propria personalità per un abbraccio verso la Natura e l’esistenza tutta.
Ma la vera sfida del teatro sciamanico è fare in modo che gli spettatori arrivino ad identificarsi talmente negli attori e nello spettacolo da non sentire più una vera differenza di ruolo. La conclusione della performance deve coincidere con una catarsi collettiva che comprende sia attori che spettatori. Tutti devono conquistare qualcosa. Ognuno deve trarne un suo beneficio personale.
Nel teatro sciamanico la preparazione dell’attore è un vero e proprio laboratorio di esperienze che possono andare da tecniche disinibitorie basate sull’uso della voce o della danza che porta alla trance, o dall’uso del tamburo per entrare in sintonia con il ritmo cosmico. L’esperienza formativa che sta alla base del teatro sciamanico è la meditazione, sia statica che dinamica, per conquistare una dimensione di silenzio interiore. Attraverso l’esperienza del silenzio l’attore potrà inoltrarsi nel difficile sentiero dell’interpretazione di ruoli anche difficili e lontani dal suo modus vivendi, ma senza mai perdersi. L’interpretazione dei ruoli è fondamentale per il processo di guarigione che il teatro sciamanico vuole stimolare. La guarigione è intesa come l’uscita dai conflitti, dalle patologie mentali, ma soprattutto come l’uscita dalla dimensione limitante dell’ego per sperimentare un’esperienza transpersonale.
Le tecniche del Teatro Sciamanico
Nel Teatro Sciamanico gli attori sono dei meditanti impegnati in una via realizzativa alla scoperta di se stessi e verso una guarigione da conflitti, disturbi della personalità, disagi provocati dal proprio ego. Gli attori devono essere disponibili ad una trasformazione interiore che porti ad uscire dal ruolo limitante della propria personalità per un abbraccio verso la Natura e l’esistenza tutta.
Nel teatro sciamanico la preparazione dell’attore è un vero e proprio laboratorio di esperienze che possono andare da tecniche disinibitorie basate sull’uso della voce o della danza che porta alla trance, o dall’uso del tamburo per entrare in sintonia con il ritmo cosmico. L’esperienza formativa che sta alla base del teatro sciamanico è la meditazione, sia statica che dinamica, per conquistare una dimensione di silenzio interiore. Attraverso l’esperienza del silenzio l’attore potrà inoltrarsi nel difficile sentiero dell’interpretazione di ruoli anche difficili e lontani dal suo modus vivendi, ma senza mai perdersi. L’interpretazione dei ruoli è fondamentale per il processo di guarigione che il teatro sciamanico vuole stimolare. La guarigione è intesa come l’uscita dai conflitti, dalle patologie mentali, ma soprattutto come l’uscita dalla dimensione limitante dell’ego per sperimentare un’esperienza transpersonale.
Per la preparazione degli attori sono previsti stages di gestualità, danza, canto, lettura, recitazione, interpretazione dei ruoli, improvvisazione, meditazione statica e dinamica.
Il TeatroForum Nemeton
Il TeatroForum Nemeton propone pièce di varie tematiche, ma sempre indirizzate a caratterizzare una situazione disarmonica o statica. Possono essere temi di denuncia sociale, interrogativi metafisici, situazioni individuali patologiche o grottesche, fino ad affrontare i paradossi storici o scientifici.
La sinossi è un espediente per portare in luce un fattore fondamentale: la realtà non esiste così come la percepiamo; la realtà è un sogno da cui dobbiamo svegliarci. Il teatro è un mezzo per svegliarci dal sogno e per farci intuire ciò che sta al di là di esso. Una vera e propria visione sciamanica.
Gli spettacoli possono apparire a prima vista incomprensibili, ma poi susciteranno curiosità e domande, fino ad un coinvolgimento totale del pubblico. Per assurdo potremmo dire che il vero teatro inizia alla fine dello spettacolo, quando attori e spettatori si confrontano e analizzano insieme i simbolismi e gli archetipi della rappresentazione, fino a divenire tutti quanti parte attiva di uno spettacolo che interpreta tutta l’esistenza, senza più confini.
Le performances del TeatroForum Nemeton si svolgono solitamente al Garage di Arte & Cultura di Torino e soprattutto all’interno del Cerchio di Pietre di Dreamland, dove il TeatroForum Nemeton può esprimere la sua anima più sciamanica.
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La Daikri-vad
La Kemò-vad in esecuzione libera è una vera e propria danza sciamanica che riflette la creatività e l’armonia del Kaui, il praticante di Kemò-vad. A mezzo degli stages e nella Palestra di Kemò-vad Rosalba Nattero insegna la Daikri-vad utilizzando la Nah-sinnar, l’antica musica sciamanica del Vuoto, oggi conosciuta per mezzo di Giancarlo Barbadoro che la interpreta con il flauto e le tastiere. La Daikri-vad è un’antica danza sciamanica che a mezzo dei simboli, del ritmo e della melodia esprime il contatto con il trascendente e si riferisce ad una esperienza individuale di tipo mistico. A volte il ritmo ripetuto dei tamburi, la melodia incalzante e i movimenti che accompagnano la musica possono produrre una vera e propria trance per l’ottenimento della “visione” sciamanica.










